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Rumori di vita

Chi è in grado di dimenticare casa sua? Siamo fatti così, nati per ricordare, altrimenti saremmo tutti o spiriti liberi o bestie. Potrei raccontargli la storia di Miriam. Non sono mai riuscito a dormire tranquillo nelle notti di novembre. Abu Mazen era un uomo bello e forte con il vizio del gioco d’azzardo. Appena riusciva a mettere due dinari da parte andava, di nascosto dalla sua giovane moglie che era un incanto, a giocare di corsa al caffè. Una sera ebbe un diverbio con il figlio del Mughtare, un ragazzo senza spirito né educazione ma essere il figlio del notaio gli assicurava la vita. Il Mughtare era un uomo di poche parole ma enormemente potente e non badava troppo ai suoi comportamenti. Il giovane disse qualche parola di troppo ad Abu Mazen a proposito della sua fortuna non solo al gioco. Dalle parole si passò in fretta alle mani. Il giovane rampante ebbe la peggio. Il giorno dopo il ragazzo si presentò al caffè accompagnato da degli amici per pretendere le scuse. Scoppiò di nuova la rissa e in un attimo Abu Mazen estrasse il suo pugnale e gli diede un solo colpo mortale. Il tempo che l’attimo di follia svanì, Abu Nazen fece la prima cosa che gli passò per la mente: corse quasi piangendo da sua moglie. Il suo dolore era smisurato non tanto per la morte del ragazzo, ma per il pensiero di non poter vedere la nascita del suo bambino, il primo figlio. Decise che il carcere per il momento poteva aspettare. “Scappo, andrò a nascondermi nei boschi finché non nascerà il nostro bambino”, disse alla moglie. “Tu quando è ora avvisami, metti un lenzuolo bianco sul tetto della casa e io sarò in un attimo da voi”. I boschi in quei tempi erano pieni di lupi e nessuno osava avvicinarsi di notte. Abu Mazen lo sapeva benissimo, ma era l’unico posto dove poteva nascondersi dalla polizia e dal Mughtare. Nel paese tutto lo cercarono e quando si sparse la voce che fosse lassù nei boschi, la gente smise, sicuri che i lupi l’avevano già sbranato. Abu Mazen era davvero forte e dopo qualche mese nel bosco in mezzo ai lupi divenne uno di loro: di giorno dormiva e di notte girava con il branco. Nella sua mente contava i giorni. “Ci siamo”, disse, “se non vado errato, questa dovrebbe essere la settimana giusta”. Invece dovette aspettarne un’altra e un’altra ancora! Gli parse di impazzire guardando verso casa e non vedendo il segnale sul tetto. Va a sapere se è per colpa della prima pioggia sporca di novembre, oppure perché sua moglie non si ricordava bene. Un giorno sul tetto vide un segnale nero, un lenzuolo scuro. Passò tutto il tempo a piangere in silenzio come i lupi, ad immaginare quello che poteva essere successo laggiù. Chi è morto? Il bambino, la moglie o tutti e due? Nella sua mente non sapeva chi salvare. Abu Mazen aspettò il calare del sole e quando fece buio i lupi lo accompagnarono fino alle prime file d’alberi del bosco. Lo guardarono tristi, sicuri che non l’avrebbero più rivisto. Ne ebbero la certezza quando li accarezzò uno ad uno. Oramai, distrutto e mezzo nudo, Abu Mazen si avvicinò alla sua casa con passi decisi. Il tempo di fare l’ultimo gradino e sentì prima lo sparo e dopo la voce del Mughtare “Ora mio figlio può risposare tranquillo” e gli diede il colpo di grazia proprio sul cuore. Abu Mazen era forte ma non poteva controllare il suo ultimo grido. Tutta la gente del paese e non solo lo sentì. La notte stessa e quella dopo ancora i lupi scesero in città e sbranarono tutti quelli che trovarono sulla loro strada. E così tutti gli anni, nei primi giorni di pioggia sporca di novembre, i lupi scendono in branco a cercare vendetta. Nessuno ha il coraggio di uscire, tutti asserragliati in casa e con le persiane chiuse. Povero Abu Mazen! Il richiamo dell’amore era più forte della libertà. Lui amava sua moglie ed è morto anche senza vedere sua figlia nascere. Miriam, l’hanno chiamata Miriam. E quel lenzuolo nero lo mise il Mughtare per ingannarlo: sapeva che sarebbe sceso dai boschi stordito dal dolore. Era bella Miriam con quella sua camminata! Vedere i suoi lunghi capelli neri agitarsi al vento quando correva dava un senso di libertà e di emozione. Corri, corri Miriam le gridavamo dall’altopiano mentre giocavamo a nascondino! Era rimasta l’unica femminuccia del gruppo, tutte le altre a dodici anni erano già accasate per sempre. Non era più permesso loro giocare con noi maschi. Sparivano che erano gemme e riapparivano fiori, ma purtroppo non si potevano né toccare né annusare, i loro mariti erano troppo gelosi per certi sguardi. Invece Miriam non ci stava a certe usanze. “Io sono con miei amici, che male c’è?” rispondeva a sua madre ogni volta che le chiedeva di smettere di fare il maschiaccio. Non aveva tutti i torti, era un’impresa vincere contro di lei in qualunque nostro gioco o passatempo; l’avevamo esclusa dalle nostre partite di calcio, era troppo! Cresceva più in fretta di noi, si capiva dal tono della voce e dal suo petto sotto le magliette. Un giorno chiese ad Omar una sigaretta e si mise a fumare con una calma turbata. Dopo avere aspirato i suoi pensieri in silenzio ci disse che quel giorno a casa sua erano attese delle persone che arrivavano da lontano, due genitori con un figlio. Non sapevamo che dire, non solo lei non era pronta ma nemmeno noi potevamo immaginare che un giorno sarebbe venuto qualcuno a chiederle la mano, portandocela via. “E com’è?” “Una persona acculturata, un ingegnere che vive e lavora a Dubai”. Siamo rimasti zitti, nessuno di noi poteva competere con lui. “E cosa pensi di fare?” Miriam se ne era andata senza rispondere, ma al posto di prendere la strada di casa prese quella del bosco. Ritornò il giorno dopo con la disperazione di sua madre. E così è stato ogni volta che si presentava uno spasimante: spariva nel bosco fino al giorno seguente. Nessuno di noi ha mai avuto il coraggio di chiederle cosa c’era di là. Un mattino presto Miriam e il nostro amico Omar sono spariti per sempre. Qualcuno dice di averli visti andare nel bosco. Andammo alla polizia a dare l’allarme, ma nessun ci diede ascolto, erano indaffarati con la morte del Mughtare: lo trovarono sul suo letto con la gola tagliata. Siccome nessuno aveva ritrovato il suo timbro da notaio era scoppiata una faida tra i suoi famigliari.