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La danzatrice

La gente del quartiere prima di tutto, il paese dopo, non parlavano d’altro, perfino la guerra era passata in secondo piano da quando lei era arrivata su un vecchio camion carico di tante cose antiche, armadi, sedie, materassi, quadri che raffiguravano forme umane in posizione strane, un giradischi di vecchia data, vasi di fiori provati dal trasloco e uno specchio gigante. La casa era al primo piano di una palazzina malandata nella parte storica della città, composta di due camere dagli alti soffitti, e le pareti di uno spessore esagerato con tante finestre senza nessuna geometria regolare. Dentro si respirava aria di spezie, di animali e di contadini che affollavano il mercato nella piazza, voci di venditori che rimbalzavano sulle pareti prima di perdersi nel vuoto. Certo, la sua presenza non poteva passare inosservata, non tanto per il cartello che aveva appeso sulla porta d’ingresso, quanto per la sua delicata bellezza, capelli lunghi e lisci che percorrevano la schiena, neri come la notte, fisico leggero su due gambe morbide come il burro, occhi grandi su un viso rotondo come la luna piena, bocca tagliata con grazia. Una scia d’aria profumata di rose fresche era sempre dietro le sue camminate, era un piacere immenso per venditori e acquirenti vederla passeggiare tra le bancarelle con il suo cesto di vimini. Non sono né santa né peccatrice, Niente amore né illusione, Sono solo una danzatrice! Entrate, Fuori lasciate corpo e anima, Pace e guerra, Vita e morte, in cambio emozioni vi offro. Lo spettacolo aveva inizio a mezzanotte passata, durava fino alle prime luci dell’alba, c’era un viavai di gente disperata, in cerca di emozioni, condannati ad una vita dura e senza respiro, lavoro che non c’è, famiglie da sfamare e nemico da combattere. Là potevano trovare il giusto riposo per ricominciare, entravano carichi di noia e uscivano leggeri come piuma, volavano via come le foglie d’autunno, nei loro occhi c’era l’allegria di un tempo perduto, dimenticato. Muoveva il corpo come una preda, si alzava in aria senza peso e ritoccava la terra con gesti eleganti, non seguiva la musica, ma era la musica a seguire il suo ritmo, le andava incontro e scivolava sul suo corpo accarezzandola dalla testa ai piedi, solo a questo punto le note uscivano a raffiche impazzite, capitava spesso che qualcheduno dei presenti cercasse di attirarla a sé, abbracciarla, ma lei scivolava via come le note. Le donne del quartiere, accecate dall’odio, dall’invidia e dalla gelosia avevano formato un gruppo compatto, volevano sbattere fuori quella spia, quella puttana, proprio così, avevano deciso di chiamarla puttana. Una mattina l’avevano aspettata in mezzo alle bancarelle del mercato e lì erano volate parole grosse, troia, spia dei sionisti e svergognata, ci volle l’intervento di una pattuglia militare per dividere la folla incuriosita e assetata di vendetta. La sera stessa, si erano presentati tre uomini dal capo e dal viso coperto dalla Kefia e con parole pesanti l’avevano invitata ad abbandonare il paese. - Questa è casa mia! - Qui non ci sono posti per le puttane. - Sono una danzatrice. - Abbiamo delle informazioni, sei una collaboratrice di Israele. - Non sono combattente ma nemmeno una venduta. - Hai una settimana per andartene…altrimenti sarai condannata a morte… - Questa è casa mia…. Da quella sera, nessuno si presentò più allo spettacolo, ma la musica si sentiva ancora. Il giorno dopo, una pattuglia militare si fermò davanti alla porta di casa della danzatrice, un giovane tenente scese, in mano aveva un mitra. - Buongiorno Signorina. - Buongiorno… - Abbiamo delle informazioni, la sua vita è in pericolo, se vuole le possiamo offrire protezione. - No, grazie…sono solo chiacchiere da mercato. Io sono solo una danzatrice… - Le consigliamo di cambiare casa, paese… - Non ho bisogno dei vostri consigli…questa è casa mia. Quante storie sono circolate sul suo conto, e ognuno aggiungeva un pezzo a suo piacimento, anche se fino a ieri nessuno la conosceva, è ebrea, una ebrea yemenita, è stata cacciata dal bordello, è malata, per questo l’hanno sbattuta fuori, è venuta qua per vendicarsi, dicono che è stata innamorata di un ragazzo arabo che l’ha messa incinta e poi è scappato dopo averla derubata di tutti i suoi risparmi, no, non è di qui, ma di qualche villaggio vicino, il bambino l’ha perso per colpa della malattia e del dispiacere. Meglio cosi, altrimenti avremmo un altro bastardino senza nome né storia… Così, la gente è fatta così, basta poco per dar sfogo alla loro infinita e ibrida fantasia. Passarono giorni senza che nessuno la vedesse più uscire di casa, ma la musica si sentiva ancora, la gente del mercato guardava la casa con disprezzo, paura e curiosità, nessuno aveva il coraggio di bussare alla porta, entrare. Una settimana dopo, un vecchio contadino appoggiato al suo bastone si fermò tremando, dopo avere invano aspettato fuori dalla porta, con il suo bastone diede una spinta rabbiosa ed entrò; in casa regnava il silenzio, disturbato, ogni tanto, dal giradischi che andava a vuoto. Poco distante c’era lei, distesa per terra con eleganza, aveva solo il corpo svuotato dall’anima, il vecchio non pianse, lui che aveva pianto tanto in passato, ora non aveva più lacrime nei suoi occhi, occhi che si erano fatti piccoli a forza di guardare il destino in faccia, prese la danzatrice e la portò al villaggio, e per la quarta volta riaprì la tomba di famiglia e sulla lapide scrisse:

"Karim Ashraui Combattente caduto in guerra." "Salìm Ashraui Combattente caduto in guerra." "Wael Ashraui Combattente caduto in guerra." "Fatima Ashraui Danzatrice caduta in guerra."