Giuan sfugge a qualunque tipo si sondaggio, iniziativa e mobilitazione generale. Qui al bar Da Gigi, le sue poche apparizioni creano panico e malumore tra gli unici frequentatori abituali, tredici vecchietti saccenti del piccolo paese. Rappresentano più o meno tutte le forze politiche, ognuno ha partecipato a suo modo alla Liberazione, spesso su fronti opposti, e sono passati indenni al processo di revisionismo storico. Tra un bianchetto e una partita di briscola, discutono animatamente e risolvono tutte le questioni, anche quelle nazionali. Da qualche giorno i tredici nonnini sono alle prese con il rompicapo delle prossime elezioni e Gigi, per un soffio, ha evitato che arrivassero alle mani: “ragazzi, attenti al cuore”. Per fortuna c’è lui, Giuan, che sbuca dal nulla. La bestia nera dei vecchietti, lo considerano poco serio, ma non possono fare nulla per toglierselo di torno, l’unico rimedio è il silenzio e Gigi lo ama per questo.
Giuan non è né stupido né intelligente, è uno che si informa e trae le sue conclusioni. Un giorno, da giovane, stava tagliando il castagno e aveva il sole in faccia: il tronco l’ha preso in pieno e da allora è rimasto così. Non tifa nessuna squadra, ma è contro la Juve perché “rappresenta l’arroganza del potere”. Al paese lo chiamiamo “l’uomo della pioggia vento sole e neve” per via delle sue abitudini: si sveglia presto tutte le mattine, esce e ritorna la sera. Tutta colpa di sua figlia quel giorno che gli disse “mi sono fidanzata con un extracomunitario”. Il suo cuore gli fece un po’ di solletico perché era convinto che fosse uno di colore. Per lui tutto è bianco o nero, nord o sud. Da quel giorno il medico gli raccomandò di fare un po’ di moto e lui non si è più fermato. Giuan non è mai uscito dal suo paesino, ma questo non gli impedisce di essere curioso. E infatti fa troppe domande. Una volta, sotto elezioni, mi ha chiesto “chi è stato l’uomo più importante dopo Gesù?”. Gli parlato del Mahatma Ghandi, di Nelson Mandela e di Che Guevara. Lui ha votato Andreotti dicendomi che gli pareva il Che da vecchio. E’ Andata peggio quando gli abbiamo parlato di Bossi, Nino gli ha raccontato che era un disoccupato che parlava il dialetto, di giorno viveva a scrocco dalla sorella e di notte sognava l’invasione cinese. Giuan l’ha votato perché gli faceva pena. Non è per niente stupido il nostro amico Giuan, anzi, è buono, ascolta, si informa, riflette e fa di testa sua. Ieri al Bar, dopo l’ennesima discussione sulle elezioni, ha chiesto a Nino “che ne pensi?” L’amico gli ha spiegato più o meno tutto, che siamo alla svolta, con due nuovi grandi partiti all’americana. Lui ci ha guardato a lungo e ha detto: “Può darsi, ma io sono molto stanco e non so se arriverò al seggio”. E andando via ha aggiunto: “Tanto, cambiano i cazzi, ma i culi sono gli stessi”. I tredici nonnini, non sapendo come controbattere, hanno deciso di fare un nuovo giro di bianchetto e un’altra mano di briscola.