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Ostaggi a vita

Tutto è passato da qui e nulla è rimasto. Questa è la terra che spegne ogni cosa, dove la speranza nasce e muore nello stesso istante. Il tempo si muove altrove e noi siamo sospesi, fermi. Un intero popolo è prigioniero della logica perversa della politica internazionale. Siamo stati l’effetto collaterale della seconda guerra mondiale, della guerra fredda, della caduta del muro di Berlino e della guerra preventiva. Di volta in volta il resto del mondo cambiava la sua fisionomia geopolitica e noi fermi lì, immobili ad attendere una svolta che tardava ad arrivare. Nel frattempo ci sostenevano in molti nella nostra disperata resistenza contro uno stato figlio della legge marziale nazifascista; poi hanno cominciato piano pianino ad abbandonarci al nostro incerto destino, forse il mondo nelle sue continue mutazioni ha smesso di credere nella giustizia, quella vera. Noi crediamo nel nostro diritto alla vita e anche i nostri alleati di una volta erano in buona fede; la differenza era che loro seguivano una linea politica e noi la resistenza, anche armata, che prima era un diritto mentre oggi è diventata una colpa. Sono due strade che portano a differenti conclusioni: la prima cerca il dialogo e l’altra lo scontro fisico sul campo, la prima usa la diplomazia come sua arma, l’altra il mitra, la politica cerca comunque di arrivare ad un accordo, l’altra o la libertà o la libertà. Tutto cambia in fretta nei salotti e lentamente nell’occupazione e nella resistenza. Quando il quadro politico internazionale, dopo la fine dell’URSS e la caduta del muro di Berlino, cambiò radicalmente strada spingendoci verso la pace a tutti i costi, noi palestinesi ci siamo trovati impreparati. Oltre a dovere combattere quotidianamente contro un’occupazione militare e non, siamo stati costretti anche a subire ingerenze da parte dei nostri simpatizzanti di una volta che avevano l’obiettivo di arrivare ad una soluzione del conflitto a discapito di molti nostri principi, come il diritto al ritorno dei profughi e la questione di Gerusalemme. Ecco perché sono falliti gli accordi di Oslo e tutti i tentativi successivi: era evidente la nostra impossibilità di autodeterminazione, tutto il resto sono fantasie sulla inaffidabilità della nostra volontà. Il mondo cambia in fretta, i sopravvissuti come noi invece sono lenti; la nostra idea di liberazione non può più essere né capita né accettata nemmeno dai nostri alleati del passato. Per anni ci dicevano di resistere, resistere, resistere, perché il passaggio da combattenti di guerra a combattenti di pace non sarebbe stato per niente facile e il prezzo sarebbe stato alto, ma avrebbero garantito il loro sostegno. Come potevamo non credere a qualunque promessa che ci desse una speranza? Nel frattempo gli aiuti internazionali arrivavano, ma con la formula costante del però e dicevano: Arafat ha carisma e avrà il nostro sostegno però c’è troppa corruzione all’interno dell’OLP (mai visto un governo non corrotto, figuriamoci una rivoluzione!). Abu Mazen è moderato però non può controllare tutte le diverse fazioni. Occorrono elezioni libere però la vittoria di Hamas non è veramente democratica. La democrazia va capita prima e applicata bene poi, ci dissero. La conseguenza è la punizione dell’intero popolo palestinese colpevole di avere votato il partito sbagliato. Il quartetto, non sapendo come giustificare la situazione disastrosa nei territori occupati, ci ha detto dopo avere aggiornato la sua lista nera: Aiuti internazionali sì però senza passare dal governo di Hamas. Questi “però” detti a mezza voce, che sanno tanto di falsità e di mancanza di coraggio, ci hanno lasciato ancora una volta a metà strada tra orfani di futuro e profughi fuori dal tempo. Il mondo cambia in fretta e oggi la nuova tendenza è lo scontro tra il “bene” e il “male”, ovviamente il popolo palestinese è stritolato in mezzo. Adesso da parte di tutti, sia coloro che sono stati la causa della tragedia degli Ebrei che quelli che dicevano però a noi, è il momento di proteggere Israele e difendendo lo stato Ebraico ogni volta che qualcuno minaccia la sua esistenza o brucia la sua bandiera, qualcuno lo fa in buona fede e altri per rifarsi una loro verginità. Ci si dimentica però che Israele non solo esiste davvero ma è anche più forte politicamente e militarmente di tanti paesi europei e, inoltre, con il mantenimento dell’occupazione viola i nostri diritti umani. Noi palestinesi l’abbiamo riconosciuto di malavoglia ai tempi degli accordi di Oslo, non sapendo neanche quali frontiere avrebbe avuto: quelle che risultano all’ONU o quelle segnate dai carri armati? Noi però continuiamo a non essere riconosciuti né come stato né come prigionieri a casa nostra. Ci hanno parlato di due popoli - due stati e per poco ci abbiamo pure creduto per poi ritrovarci chiusi dentro un muro come allo zoo (per non di dire “campo di concentramento” e offendere alcuni!). Qualcuno ha detto però serve alla sicurezza di Israele. Il mondo cambia ma continua a chiederci di fare pace. Difficile per chi è rinchiuso, affamato e senza la possibilità di scavalcare il recinto. Il mondo cambia e non aspetta più nessuno, nemmeno un popolo prigioniero di una rivoluzione anacronistica. E’ stato un nostro errore non capire cosa c’era dietro quei però, altrimenti non saremmo ancora “ostaggi a vita”. Se ci fossimo scrollati di dosso il mondo arabo con i suoi intrighi, l’occidente con le sue volute incertezze e avessimo cercato di pagare il riscatto direttamente al nostro carceriere ora avremo una vita normale e non combatteremmo per riavere una immaginaria patria dimezzata. E’ sempre più difficile scavalcare il recinto per stringere la mano al nemico, dicendogli “liberiamoci da questo mondo senza giustizia, sono la tua morte e la tua vita, sei la mia morte e la mia vita, liberiamoci prima di fare tutti la fine di Sansone che cercava la libertà e l’amore invece, con l’inganno, ha trovato la morte.” Nel frattempo sarebbe straordinario sentire qualcuno dire: siamo tutti israeliani, siamo tutti palestinesi (senza però).