La vita è una giostra, triste e allegra, non importa dove o con chi, l’importante è non rimanere mai a terra. Il giro più bello l’ho fatto alla Casa della provvidenza di Ivrea. Un soggiorno di un mese, di più non si poteva, bisognava liberare il posto per i nuovi ospiti. L’unica eccezione era Bruno, un ragazzo minorenne rimasto circa un anno: il marito di suo madre era un picchiatore. La Casa era gestita da Don Arnaldo, un giovane prete affascinante che parlava da Dio, e dal vescovo Bettazzi, uomo di mondo e di cervello fino che, per non turbare i fedeli, non aveva mai affidato la messa ad Arnaldo, ma solo la gestione della casa. Tre camere da letto, due bagni, una cucina e una sala giochi. Il posto letto costava ventimila lire al mese. Le prime dieci sere le ho passate con Peter e Ken. Il primo era un ingegnere danese amante della vita alternativa: dopo aver finito le sue dodici ore all’Olivetti, ogni sera portava una prostituta diversa. Impossibile non accorgersene, urlavano come lupi mannari. Ken, invece, era un ragazzo africano. Si diceva figlio di un ricco capo tribù, sta di fatto che aveva messo incinta una bella ballerina e Arnaldo l’aveva convinto a sposarla. Gli altri venti giorni li ho passati con Nando e Salvatore, due assassini di passaggio che avevano appena scontato l’ultimo quarto di pena in un carcere di massima sicurezza. Nando aveva ucciso la moglie e l’amante, che poi era suo fratello gemello. Di Salvatore non mi va di parlare, ci vorrebbe una mente aperta e un cuore grande per capire senza giudicare. Salvatore di notte russava come un drago, Nando parlava nel sonno, piano e chiaro, io ascoltavo con vergogna. Un giorno Nando mi ha chiesto se avessi paura di dormire con loro nella stessa stanza: “Dovresti averne, sono come una bestia, non conosco i sensi di colpa”. Anni dopo suor Monica mi ha contattato dicendomi che Nando era passato lasciandomi una busta. Sono stato felice nel vedere la sua foto in una camera di ospedale accanto ad una donna bionda e con in braccio due gemelle, “Sara e Chiara” era scritto sul retro. Bruno fa il camionista e ha guadagnato una medaglia al valore per un gesto eroico: ha salvato delle persone nell’incendio del traforo del Monte Bianco. La prossima volta vi racconterò di Beppe, il cuoco della casa, orfanello adottato da una famiglia di dirigenti Olivetti. Da adulto a sua volta ha accolto Junior, un bimbo africano che ha già rubato il cuore a tutti con il suo bellissimo naso schiacciato. L’altro giorno Junior ha incontrato al parco giochi un bimbo cambogiano e, dopo essersi annusati e guardati a lungo e in silenzio, il secondo ha chiesto al primo: “Come mai sei marrone?”. Junior non si è offeso, anzi, ha risposto senza cattiveria: “Anche tu sei marrone!”. Alla fine di questo breve colloquio i due bimbi marroni hanno deciso di andare a giocare senza fare altre domande inutili e stupide. Loro si sentono già saggi: certi interrogativi senza risposta è meglio lasciarli ai grandi.